19 Marzo 2024
Riso. L’Oriente in tavola: andata e ritorno

Riso. L’Oriente in tavola: andata e ritorno

In centinaia di varietà e modalità di preparazione (bollito, mantecato, in insalata, sottoforma di farina o addirittura fritto), il riso è l’alimento più consumato al mondo, seguito dalla pizza e dalla pasta.

Un cereale che viene da lontano (nello spazio e nel tempo)

Il riso è una pianta erbacea (dal nome scientifico Oryza sativa) conosciuta e utilizzata in cucina da più di 10.000 anni, che ancora oggi, rappresenta l’ingrediente base dell’alimentazione per miliardi di persone. L’impiego culinario di questo cereale è attestato per la prima volta nel continente asiatico, dal quale, passando attraverso la Grecia, questo prezioso alimento si è diffuso in Europa, facendosi apprezzare anche sulle tavole del Vecchio Continente per le sue proprietà nutritive e la facile digeribilità e coltivabilità. La sua incredibile adattabilità alle caratteristiche dei territori più diversi e a condizioni di temperatura estreme ne permette infatti la sopravvivenza e la crescita in qualsiasi parte del mondo.

Questione di numeri, oltre che di gusti e di mode

Se l’Italia è incontestabilmente la patria incontrastata dei risotti, alla Cina e a tutto l’Est del mondo, spetta di certo un altro primato, quello della prevalenza numerica. Nei Paesi che si affacciano a Levante risiede infatti non solo la maggior parte della popolazione presente sulla Terra, ma anche la più elevata percentuale di persone che utilizzano ogni giorno il riso come base prevalente della loro alimentazione quotidiana.

Allora va da sé che, inevitabilmente, le ricette più diffuse (molte delle quali giunte ormai sulle tavole di tutto il mondo, apprezzate per questioni di gusto o di mode gastronomiche), guardino a Oriente. Tra queste non può mancare il celebre riso alla cantonese, il più conosciuto tra i risi fritti cinesi (tanto che nel Regno Unito è stato ribattezzato special fried rice, mentre negli Stati Uniti è chiamato house fried rice) e la ricetta più famosa della cucina huaiyang.

Una curiosità? A dispetto di quanto in molti credono, questo piatto non ha origine nella città di Canton bensì in quella di Yangzhou. L’equivoco nasce dal nome fuorviante, attribuitogli a causa del fatto che la maggior parte dei ristoranti cinesi presenti nel Bel Paese sono per l’appunto cantonesi.

Un cereale a cui conviene essere “triste”

Sempre più spesso si sente parlare di disturbi dell’umore e depressione, in riferimento agli animali (uomini inclusi). Ma chi poteva immaginare che gli stessi ormoni responsabili della regolazione delle emozioni e dei comportamenti fossero coinvolti anche nei meccanismi di difesa messi in atto dai vegetali?

Una ricerca congiunta condotta da università anglo-cinesi ha rivelato che, in risposta a un’infestazione di parassiti, le piante di riso producono serotonina (che negli animali agisce come “ormone del buon umore”) e acido salicilico e che se si sopprime il gene responsabile della produzione della prima sostanza, aumenta significativamente la secrezione della seconda, che ha un effetto maggiormente protettivo contro alcuni insetti infestanti (in particolare la cicalina del riso –Nilaparvata lugens– e il trivellatore del riso asiatico –Asiatic rice borer, Chilo suppressalis-) responsabili di perdite significative nei raccolti di riso.

Al contrario, aumentando la serotonina il riso diventa più vulnerabile. Dunque… il riso è condannato a restare depresso!

Un chicco capace di modificare il DNA

A dispetto del suo elevato indice glicemico, la presenza abbondante di riso che da millenni ha contraddistinto la dieta dei popoli dell’Estremo Oriente, potrebbe essere tra le ragioni per cui questi popoli sono meno soggetti a sviluppare obesità e diabete.

La ragione? Secondo uno studio condotto dall’Università di Bologna potrebbe risiedere in una serie di adattamenti genetici in grado di mitigare gli effetti dannosi che un regime alimentare caratterizzato da un elevato carico glicemico può avere sul metabolismo. Gli scienziati ritengono plausibile che tali adattamenti si siano mantenuti fino ad oggi, proteggendo i popoli dell’Est anche dai rischi per la salute causati dall’occidentalizzazione della loro dieta, sempre più ricca di zuccheri raffinati.